#richiesta di legge 5

5. Educazione sessuale e di identità di genere fin dalla scuola primaria. Istituzione di una Commissionie che vigili sull'uso dell'immagine femminile nel mondo dei media.

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6 commenti:

  1. Inserisco qui un commento di Antonella Festa
    Perdona la mia ignoranza, ma non conosco il modello svedese e la proposta di una educazione all'identità di genere mi lascia un po' perplessa. Fino a poco fa anche io ero orientata in questa direzione, ma ora mi sto rendendo conto che il concetto di "genere" è superato e rischia di reare altre minoranze, lasciando fuori dal binomio uomo/donna lesbiche, bisex, trans, queer. Cosa ne pensate?

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  2. Cara Antonella, è una riflessione che abbiamo fatto... e anche ieri io leggevo un interessante articolo su una rivista francese (http://www.rue89.com/rue69/2011/10/06/cest-quoi-le-probleme-avec-les-questions-de-genre-en-france-225185)... il problema però è che è evidente che esiste un nesso tra la condizione delle donne in Italia e la nostra educazione. Non so se hai letto l'ultimo libro di Michela Murgia Ave Mary: è interessante perché ad un certo punto lei dice chiaramente che i ruoli maschile e femminile che ci troviamo addosso sono una condanna per entrambi, uomini e donne. Non se se hai figli, io sì. Un maschio di otto anni che nella descrizione della mamma alla voce cosa fa ha scritto STIRA... il fatto è che io lavoro 8 ore al giorno e forse stiro 2 ore al mese!!! Come facciamo ad uscire da questi STEREOTIPI? Come facciamo a entrare anche noi donne in ruoli diversi che non siano quelli della mamma, donne silente e disponibile.. etc?? Con l'educazione, credo. Un'educazione che ha già dato i suoi risultati, anche per esempio, nella prevenzione della violenza...

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  3. Buongiorno a tutte le persone impegnate in questo progetto e grazie.
    Mi permetto alcune considerazioni, precisando che sono una donna di 48 anni con 4 figli di cui 3 femmine e non ricordo di essere mai stata descritta come "quella che stira", neanche dal mio maschio nato geneticamente maschilista.
    La considerazione riguarda però il significato di parità, sul dizionario si legge rapporto di uguaglianza cioè carattere o condizione di chi o di ciò che è uguale. Io non sono uguale ad un uomo e non lo voglio essere! L'ho insegnato ai miei figli e continuo a dirlo, l'identità di genere non deve essere l'appiattimento a uguali competenze o ruoli. I 10 punti dovrebbero costituire la base per evidenziare le peculiarità delle donne e non per allinearle con un comportamento o un ruolo maschile. Anche un omosessuale o una lesbica si identificano con un identità di genere,semplicemente non con quella che li identifica alla nascita. Bene la legge contro la violenza, perchè siamo fisicamente più deboli e chi si permette di dire il contrario, vada in certe situazione famigliari, tante purtroppo e fermi quei mariti brutali piuttosto che andare in palestra a picchiare un sacco! Bene una legge sulla maternità ma concepita per le donne e per le famiglie, sono io che creo, sono io che partorisco sono io che allatto sono io che non voglio perdere tutto questo patrimonio tornando a lavorare dopo 1 mese o rinunciando al mio essere donna altrimenti perdo il posto di lavoro o come nel mio caso di imprenditrice non mi becco un soldo. Bene la partecipazione politica ma non perchè imposta ma perchè le donne si impegnano sgomitano e in un regime meritocratico se lo sono guadagnato. Essere moglie madre imprenditrice donna è un lavoro per lo meno difficile, ma con tali soddisfazioni che non lo cambierei per nulla al mondo e mai vorrei essere diversa da come sono. Gabriella

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  4. Cara Gabriella,
    credo che noi donne di oggi, abbiamo tutte imparato, attraverso la nostra esperienza e quella delle nostre ancor giovani madri, che la parità come appiattimento sul modello unico maschile è una follia e una distruzione per l'essere donna. Nessuno vuole l'allineamento, anzi. Qui si cerca semmai di liberarci da modelli imposti, del tipo essere considerate “ammortizzatori sociali” ad uso e consumo di una società che non sa rispondere ai bisogni delle famiglie. E quindi riversa tutti i lavori di cura sulle spalle delle donne. Lo stesso vale per la meritocrazia. Ma dobbiamo pur chiederci perché, se siamo la metà dei talenti di questo paese, se siamo quelle che si laureano di più e meglio, se siamo quelle che garantiscono maggior equità nei processi aziendali (c'era un bell'articolo di ieri sul Il Sole 24 Ore di Stefano Zamagni dal titolo L'azienda moderna è donna), perché non siamo mai presenti nei luoghi dove si decide? Sarà che non siamo capaci? Non credo. Credo invece che la mancanza di una cultura meritocratica nel nostro Paese penalizzi soprattutto le donne, e dare vita ad un circolo virtuoso che aiuti le donne ad arrivare laddove dei “tornei truccati” chiudono loro ogni accesso, sia non solo doveroso, ma anche di aiuto per tutti, uomini e donne. A volte, sarebbe utile guardare all'Europa, e vedere come, anche “aiutando” le donne interi Paesi hanno cominciato ad essere più produttivi e competitivi... Grazie ancora per il tuo contributo..

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  5. Condivido sull'educazione sessuale ed è quello che ho fatto quando ero negli Organi Collegiali della scuola.

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  6. Condivido il commento di Gabriella ed il seguente di Manuela.
    Da sempre ho sostenuto che l'educazione sessuale sia fondamentale e che non vada trascurata. L'ignoranza porta problemi in ogni ambito.

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